Dedicato ai cattivi

(che poi così cattivi non sono mai)

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  1. Ðante¹
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    La morte è sempre qualcosa di strano. Fa parte della vita, ti ci abitui, specialmente in un'epoca come questa. La accetti, la digerisci in qualche modo. E' sopravvivenza anche questa, in fondo.
    Comprenderla, è tutto un altro discorso.

    Giuseppe entra nel locale gremito, come al solito. Di gran lunga il posto più gettonato di tutto l'Alveare, non è difficile immaginare il perché. La Fatiscenza, un nome, una garanzia. Ultimo baluardo per disperati, festaioli, bevitori, reietti.
    Sopravvissuti.

    Si fa strada sino al bancone, mani appese al cinturone e passo indolente.
    Un ragazzo praticamente mai visto prima è ancora caldo nella morgue, la dottoressa bionda farnetica di qualche troppo flebile speranza. Sono più di dieci anni che vanno avanti con questa solfa, ancora non hanno capito niente. Nulla sarà più come prima, non importa quanto forte lo desideri.

    La vita continua.

    Whisky, ordina al barman.
    Tutta la bottiglia, precisa.

    Il primo bicchiere buttato giù in un colpo solo, il distillato di dubbia provenienza scende come fuoco liquido lungo la gola.

    Il primo di una lunga serie.

    Narrato
    Pensato
    Parlato Giuseppe
    Parlato altrui

    Scena immediatamente successiva a quella nell'ospedale, per cui Giuseppe è vestito alla stessa maniera (jeans blu, stivali da cowboy e camicia nera, se a qualcuno potesse interessare. E immancabile cinturone con la fondina)
     
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  2. Argental
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    Odiava la Fatiscenza e cercava di tenersene a distanza il piu possibile.
    Si erano dati appuntamento li, purtroppo, e si era rassegnato alla cosa. Non avrebbe potuto porre alcuna rimostranza alle persone che si erano prese la briga di organizzare il dafarsi, come la dottoressa o chi aveva proposto la Fatiscenza come luogo di incontro; non dopo la splendida figura fatta sulla salma del compagno caduto. Si limitò ad essere un silenzioso seguace del gruppo, con sguardo spento ed ineluttabile.
    Eppure entrando, tra la folla, non riuscì a trovare nessuno di loro, se non Giuseppe e, facendogli un cenno con la mano, gli andò incontro.
    Passando tra la folla non potette fare a meno di ripensare a quanto detestasse quel posto, come la prima volta in cui vi entrò, accompagnato da quello che un tempo aveva definito amico: E come si era rivelato lui, un verme, così quel luogo, ripugnante.
    Lo detestava a partire dal nome ''Fatiscenza'' ricordando il giorno di ''battesimo'' del ritrovo, l'inaugurazione se fossero ancora nel vecchio mondo.
    Aveva assistito all'apertura e preso parte alla decisione del nome, opponendosi inutilmente alla scelta finale, quella che ancora oggi risuonava nella bocca di tutti: ''La Fatiscenza''

    Fece un grugno di disgusto, accomodandosi alla destra del collega, al bancone del bar.
    Chiese un bicchiere vuoto, con un cenno della mano e un mugolio discreto.
    Giuseppe, versami da bere... disse cordialmente, sottovoce, appoggiandosi al bancone con ambo i gomiti, trascurando la sua aria stanca.

    Bevve di istinto l'intero contenuto del bicchiere accompagnato da un profondo respiro.
    A cosa stai pensando? Se gli altri verranno? chiese fraternamente, come se si fosse rivolto ad un amico di vecchia data.
     
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    Si fece strada tra le porte del locale che lo aveva accolto innumerevoli volte negli ultimi anni della sua vita, quel posto era oramai come una parte di se, quella a cui si rivolgeva quando ogni altro appiglio falliva, e ciò accadeva tragicamente spesso, sembrava quasi che Andrew quasi volesse farlo di proposito. Ma quella volta la ragione che lo aveva spinto li era doppia, in parte per affogare il proprio dolore e perché era quello il luogo di incontro che avevano scelto per organizzarsi su una specie di spedizione della quale non aveva ancora compreso a pieno lo scopo, non avendo a disposizione tutte le informazioni. Si avvicinò al bancone, dato che gli sembrava di aver intravisto due degli interessati, anche se la dottoressa non sembrava essere ancora arrivata, peccato sarebbe voluto essere volentieri l'ultimo a presentarsi. Una volta seduto sullo sgabello, di fianco al quello che aveva riconosciuto come colui che lo aveva salutato all'uscita, si ritrovò praticamente in mano la bottiglia di vodka ed un bicchiere pieno di ghiaccio, fece un lieve cenno di ringraziamento al barman, il quale oramai conosceva la routine quando lo vedeva entrare con una mano mezza sfasciata e lo sguardo concentrato sul nulla, d'altronde era rimasto uno dei pochi a fare ancora la mancia in quel posto. La sensazione del ghiaccio sulle nocche distrutte gli fece sfuggire un piccolo ansimo di piacere, per lui era diventata oramai come una droga, non tanto il dolore che divampava quando prendeva a pugni qualcosa, ma la sensazione di torpore che seguiva e percepire il suo corpo che pian piano rimetteva a posto tutti i danni che si continuava a causare. Il primo bicchiere fu come bere lava, e mentre osservava il ghiaccio rotolare lungo il fondo rivolse le sue parole agli altri due li presenti. Quindi? Che cosa abbiamo in programma?
    Il tono era completamente piatto, non che fosse esattamente entusiasta di dover passare la serata in quel modo, ma almeno avrebbe avuto modo di sfogarsi più tardi, d'altronde non era conosciuto alla Fatiscenza solo per le sue bevute.
     
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  4. Argental
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    E poi il tipaccio che prima aveva dato di matto si unì a loro.
    Quindi? Che cosa abbiamo in programma? chiese a nessuno in particolare.
    Sollevando gli occhi dal bicchiere sul bancone, risalì la figura dell'individuo fino al volto, guardandolo negli occhi, scrutandoli, con aria minacciosa. Seguirono pochi secondi di stasi, in cui l'omaccione fissava il collega, scavando nel suo sguardo.
    Come un pugile che studia il suo avversario prima dell'incontro.
    Digrignò i denti, protendendo la mascella. Per lui, il ragazzo rappresentava una minaccia piuttosto che un alleanza. Instabile, nervoso...Invasato...
    Dall' inzio della fine, ne aveva visti molti come lui, perdere la testa, inseguire solo il brivido, vivere alla giornata, senza alcuna morale...
    Eppure, dalla reazione del barman, sembrava essersi ambientato bene. Decise di aspettare di conoscerlo meglio, dopotutto le sue erano supposizioni.
    Ti tengo d'occhio. pensò , come se gli stesse parlando, concludendo.
     
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    Buttò giù il secondo bicchiere senza battere ciglio, quel locale era diventato oramai la sua casa, sicuramente di più dell'appartamento freddo e solitario a cui era costretto a tornare ogni sera per dormire e mangiare. Riusciva a sentirsi a proprio agio solo in mezzo alla gente, e quel trambusto di sottofondo che permeava l'atmosfera lo riusciva a rilassare come poche altre cose, mentre i suoi due "compagni" di bevuta non avevano ancora spiaccicato parola.
    Per caso state aspettando qualcun altro prima di poter parlare o avete paura che vi scagli qualcos'altro addosso ad alta velocità? chiese, trattenendo a malapena le risate, credevano davvero che fosse così pericoloso, certo lo era ma come l'ottanta percento di coloro che si trovavano nell'alveare quindi alla fine si ritrovavano tutti più o meno allo stesso livello.
    Sul serio, non mordo e non ho intenzione di farlo con qualcuno che ha un rango più alto del mio a meno che qualcuno non mi dia una buona ragione per farlo... L'ultima parte non era necessario che venisse udita, ma lo sguardo fisso sul colosso che aveva causato precedentemente la sua ira dava rendeva piuttosto bene l'idea, l'aveva notato mente lo fissava con fare indagatorio, se aveva la minima intenzione di cominciare con un altra delle sue battute irriverenti il pugno di Andrew avrebbe potuto collidere con la sua faccia, sicuramente gli avrebbe fatto meno male di colpire il muro e gli avrebbe dato molta più soddisfazione.
    Stava aspettando solamente la scintilla per far scoppiare la polvere da sparo.
     
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  6. Tyrakses
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    Era stata una serata abbastanza faticosa all'incubatrice quindi Tyrakses decise di ritirarsi presto e ritornare nelle mura di the hive. Il giovane era abituato ad uscire in ricognizione quando il sole cala e quindi quando il pericolo la fuori aumenta, ma non per farsi "figo" o cose del genere, solamente perché le sue abilità dimostrano la loro massima efficacia proprio quando la visibilità è poca e ha molte probabilità di passare inosservato.
    Quella precisa sera era stato abbastanza fortunato in quanto la sorte lo aveva condotto in un vecchio magazzino, spolpato fino all'osso, o almeno quasi. Una 9 mm, probabilmente rotta o inceppata, ma ancora in buone condizioni, un mezzo pacco di antibiotici che sembravano ancora buoni e una specie di cip, forse una scheda madre di un qualche computer, o magari una ram (tyrakses non si intende particolarmente di queste cose, e nemmeno di armi).
    Ma nonostante la tua fortuna, all'alveare non funziona sempre che quello che trovi, quello ti tieni, capita che mentre stai rientrando, nella perquisizione se ti trovano addosso qualcosa di utile per la comunità te lo confiscano senza dare troppe spiegazioni. Ovviamente la dea bendata della fortuna abbandonò l'assassino bianco in quel preciso istante; i soldati gli confiscarono sia il cip, che aveva intenzione di scambiare per qualcosa di utile al mercato magari, e anche gli antibiotici che sono sempre utili e preziosi. Questo fece si che le palle gli cominciassero a girare, ma d'altronde cosa poteva dire? gli era stato dato un posto dove vivere e dove dormire, probabilmente doveva ringraziare che non gli avessero tolto anche i panni che aveva addosso.
    Così, scazzato, si allontanò, per imboccare la strada principale che portava più o meno dappertutto. Il suo passo contrariamente dal solito non era particolarmente svelto o sostenuto, anzi, era abbastanza lento, come se non avesse una meta precisa. In effetti quella sera non aveva proprio intenzione di tornarsene a casa, in quanto era presto e magari era venuto il momento di dare un occhiata più approfondita al the hive... chissà che non gli avrebbe riservato qualche sorpresa.
    Ma le strade non sembravano riservare chissà quale attrattiva, quando è la luna a regnare sovrana, gli abitanti dell'alveare si chiudono in casa, come se avessero paura di chissà quale pericolo possa attanagliarli... <i> stolti<i> pensò, come se la luce del sole possa rendere quel luogo più sicuro.
    Tutto ad un tratto un insegna attirò la sua attenzione, come un unico barlume di luce in una notte molto molto buia. La fatiscenza... lesse a bassa voce l'insegna, forse un po sbilenca che ornava quello che con tutta probabilità doveva essere un bar. La scoperta lo stupì non poco, the hive continuava a tirar fuori sorprese, un edificio con stanze di addestramento e tecnologia olografica futuristica e adesso un bar? Tyrakses era li da poco, quindi quella era proprio un occasione perfetta per farsi qualche amico! chissà quali simpatici pazzoidi ubriachi avrebbe incontrato li dentro. Aprì la porta lentamente, come se al suo interno avrebbe potuto trovare qualche pericolo, ma d'altronde, era solo deformazione professionale. Una volta dentro tutti cominciarono a fissarlo, e fu proprio in quel momento che si rese conto che forse avrebbe fatto meglio passare prima per casa e cambiarsi, perché dato che si era recato li subito dopo la "caccia" indossava ancora i vestiti da lavoro, ovvero dei jeans comodi, una maglia nera, il suo solito mantello bianco col cappuccio e la sciarpa a coprirgli la bocca, il tutto un po sporco sia di sangue (dovuto ad uno scontro con un paio di viandanti) sia di polvere e grasso di qualcosa. Ovviamente indossava anche il meccanismo con le lame celate.
    Decise di ignorare gli sguardi dei presenti e di andare subito a sedere in uno dei sgabelli liberi. In quel momento si rese conto che anche Umberto era li, beveva un qualche tipo di intruglio in compagnia di due signori con i quali sembrava stesse intrattenendo una conversazione poco piacevole, o forse solo poco interessante. Una volta seduto si rese conto che la 9 mm che aveva in tasca gli dava particolarmente fastidio, gli premeva nella gamba rendendo sgradevole la posizione seduta, così, ignorando ogni buon senso, la tirò fuori e la piazzò sul bancone e subito dopo appoggiò le braccia sullo stesso le quali produssero un singolare rumore TONC, chiaro suono che fa un pezzo di metallo che sbatte contro un pezzo di legno.
    Si rivolse in fine all'unico compagno che conoscesse
    buonasera Umberto, se non vi crea disturbo potrei unirvi a voi?
     
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  7. Ðante¹
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    Pochi minuti dopo, Umberto fa il suo ingresso nel locale. Attraversa la sala strapiena, prende posto su uno sgabello accanto a me. Quell'omone dal volto burbero e gentile-un ossimoro se mai ce n'è stato uno- ha sempre la capacità di mettermi buonumore con la sua presenza, ma in questo momento ha un'aria decisamente contrariata.

    Forse è solo stanco di tutto questo, come me.

    Giuseppe, versami da bere..., chiede sottovoce. Forse ha solo voglia di farsi un buon bicchiere, distendere i nervi.

    Lo accontento. Allungo una mano dietro il bancone, ne produco un bicchiere largo e non proprio immacolato, ci verso dentro una robusta dose di quel diluente per vernici che qua dentro si ostinano a chiamare whisky.
    Diluente che lui fa sparire in un colpo solo.

    A cosa stai pensando? Se gli altri verranno?, mi chiede.

    Bella domanda.
    Tutto quello a cui vorrei pensare è me stesso steso al sole, in una bella spiaggia, a sorseggiare un Daiquiri ghiacciato in compagnia di due belle picciocasa dalla pelle color caramello.

    Prima che possa rispondere, arriva pure lo spilungone dell'ospedale. Nero in volto come la manifestazione stessa della rabbia. Procede dritto verso di noi, si siede sullo sgabello alla mia sinistra, come se quel posto gli appartenesse. E difatti, quasi non fa in tempo ad accomodarsi, che subito gli compare davanti una bottiglia di vodka.
    Quindi? Che cosa abbiamo in programma?, si informa come se niente fosse.

    Per tutta risposta, Umberto si limita a scrutarlo.
    Dalla suola delle scarpe alla punta dei capelli.
    E il suo è uno sguardo indagatore, intimidatorio.
    Uno sguardo da ti tengo d'occhio, da sono io lo sceriffo in città.

    Per caso state aspettando qualcun altro prima di poter parlare o avete paura che vi scagli qualcos'altro addosso ad alta velocità?, domanda con una vena di ironia nella voce.
    Sul serio, non mordo e non ho intenzione di farlo con qualcuno che ha un rango più alto del mio.

    L'atmosfera si fa glaciale.
    Carica di tensione-cosa che di solito, quando c'è alcool in giro, si traduce in una rissa colossale e di nuovo amici come prima.

    Io volevo solo bere in santa pace...

    A interrompere la stasi, un ragazzo mai visto prima si siede di fianco a Umberto. Estrae un'automatica, la poggia sul bancone.
    Buonasera Umberto, se non vi crea disturbo potrei unirvi a voi?

    Rimetti quel ferro nella fondina prima di farti male, 50-Cent, lo apostrofo senza nemmeno guardarlo.
    Siamo armati anche noi, e di pessimo umore, aggiungo.

    Narrato
    Pensato
    Parlato Giuseppe
    Parlato altrui
     
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  8. Argental
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    Per caso state aspettando qualcun altro prima di poter parlare o avete paura che vi scagli qualcos'altro addosso ad alta velocità?
    Vide pronunciare quelle parole con una tale strafottenza e megalomania da fargli schizzare la pressione alle stelle. Si fece vistosamente rosso di rabbia in volto, strinse i pugni e i muscoli delle braccia e il petto, pronto all'attacco...
    Ma io ti spacco la faccia, nano di merda si disse sbuffando e facendosi avanti, poggiando un piede a terra, per alzarsi dal sedile, contro l'individuo.
    Scaglia addosso i denti rotti dalla tua bocca!
    Ma in quell'istante l'individuo riprese il discorso : Sul serio, non mordo e non ho intenzione di farlo con qualcuno che ha un rango più alto del mio
    Quel livido ''sul serio'' colpì all'istante, più velocemente di un suo pugno e più efficacemente del successivo blando tentativo di accordarsi; come un forte paliativo, lo calmò: Percepiva malinconia, desiderio di accettazione e...sincerità?

    Umberto era confuso e intontito: Al ragazzo forse serviva un abbraccio più che un ''paliatone''...
    Il tempo si fermò, ripensò a suo fratello e un vagone di ricordi lo investì...
    Il suo istinto di educatore aveva preso la meglio sui sensi, inibendolo: ogni volta che incontrava qualcuno che assomigliasse a suo fratello, sentiva riemergere in lui il desiderio di motivarlo, di aiutarlo, di spiegargli che le bravate, come la sua subitanea ira, sono debolezza;la calma è forza...
    Sapeva però quanto, in queste circostanze,il suo istinto potesse essere ingannevole e spingerlo a vedere ben oltre la realtà, mosso da pietà e bontà: Di fronte a lui non vi era suo fratello che conosceva bene, ma un estraneo di cui non conosceva nulla e da cui non doveva aspettarsi nulla...di buono.
    Aveva imparato che a certi caratteri era meglio non accostarsi affatto.

    Strinse nuovamente i pugni, padrone di se stesso e il tempo riprese a scorrere. Non era più adirato, seppur deciso ad educare il ragazzino,certo per coerenza, a furia di pugni!

    Il dramma fu interrotto dall'entrata in scena di un quarto individuo che richiamò la sua attenzione in prima persona: buonasera Umberto, se non vi crea disturbo potrei unirvi a voi?
    Osservò il nuovo ragazzo con la coda degli occhi, senza voltarsi. Si erano conosciuti al campo addestramento e allenati assieme.

    Rimetti quel ferro nella fondina prima di farti male, 50-Cent. Siamo armati anche noi, e di pessimo umore disse Giuseppe.
    Gli sorrise, espirando la tensione in corpo.
    Già. lo concluse.

    Arrivi a fagiulo
    Si rivolse scherzosamente a Tyrak, rimanendo però allerta.
    Aveva cambiato toni e umore, una sua tipica altalenante contrapposizione.
    Gli mise un braccio al collo e si avvicinò al suo volto, facendosi serio: Stiamo aspettando missive per una missione di massima importanza...sei arruolato! disse secco, in sottovoce.
    Attese una sua reazione e continuò: Una ricerca sul campo, dobbiamo indagare sul luogo del nostro ultimo lavoro...una pianta da analizzare...cresce solo sul dorso dei mutanti...forse...è la chiave per una cura...
    Spalancò le palpebre, fissandolo negli occhi e poggiando una mano sul suo petto.
    Tyrak capisci?

    Edited by Argental - 5/12/2016, 21:41
     
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  9. |Hayley|
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    Il rumore sordo della porta freddò sul nascere qualunque presupposto mirato a voler continuare una qualsiasi conversazione. Probabilmente la stavano aspettando, ma non si distingueva alcun accenno di fretta nella figura di Heike, sulla soglia, anzi; con una certa calma si concesse il tempo di guardarsi attorno, prima di entrare completamente.
    Mosse svariati passi, diretta verso le persone che aveva ingaggiato non troppo tempo prima.
    Interruppe l'incedere solo quando fu a poco più di un metro da loro e posò una mano sul proprio fianco, aggrottando la fronte nel constatare che i numeri fossero più alti di quanto ricordasse.
    "Hai trovato qualcun altro, sono piacevolmente stupita."
    Sorrise con una certa tranquillità a Umberto, prima di spostare le dita a rovistare nella propria scarsella per tirarne fuori una cartina contrassegnata di rosso in una determinata zona.
    "Perdonate il ritardo, ma avevo bisogno di informazioni più precise e, a distanza di tutto questo tempo, non ero certa di ricordare dove avessi rinvenuto il primo campione."
    Si fece spazio tra i presenti, cercando il bancone e adagiando lì sopra quel grandissimo pezzo di carta.
    "Ovviamente rimanderò le dovute presentazioni a quando le cose saranno più chiare a tutti.
    Dunque... Qualcuno ha delle domande?"

    Guardò uno ad uno gli interlocutori, seria.
     
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  10. Tyrakses
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    Rimetti quel ferro nella fondina prima di farti male, siamo armati anche noi, e di pessimo umore.
    Non furono le prime parole che Tyrakses si aspettava di sentirsi rivolgere, o almeno quelle che sperava di ricevere, si può dire quindi che non era sulla buona strada per farsi degli amici. Ma d'altronde, passare diversi anni fuori la barriera a lottare tutti i giorni per la vita senza avere quasi nessun contatto umano, diminuiscono un po le tue capacità sociali. Una spiegazione era più che dovuta.
    Tranquillo Billy de kid, è rotta e anche scarica, l'ho trovata un paio di ore fa fuori the hive... e comunque sia, anche se avessi voluto non avrei potuto farvi niente, non so usarli questi arnesi, se la vuoi è tua.
    Sperava di aver tranquillizzato le preoccupazioni dei presenti con le sue parole, ma nello stesso momento ne nacque un altra in lui: come mai non erano di buon umore? beh, il mondo è andato a puttane baby, forse è una di quelle cose che ti spingono ad essere un po incazzato, tipo come quando tuo figlio spacca la tv nuova appena disimballata o come quando ti viene a trovare la suocera, ma quelli non sembravano quei tipi di uomini che si disperavano ancora oggi per la distruzione della civiltà umana... forse era successo qualche guaio al di la delle mura, o forse the hive aveva subito qualche danno irreparabile. Scrutando il volto cupo di quelle persone gli venivano mille pensieri su quale fosse questo loro cruccio, ma anche su chi fossero e quale ruolo ricoprissero all'interno della società. Umberto era uno dei più vecchi abitanti del the hive, non nel senso che fosse anziano, ma a quanto si diceva in giro lui era li da abbastanza tempo, si puo intuire quindi che sicuramente conosce il luogo come le sue tasche, anzi, non ci si stupirebbe se si venisse a sapere che abbia contribuito anche lui a costruire quel bar. Mentre quello che gli aveva gentilmente suggerito di mettere via l'arma si poteva subito capire dal modo in cui l'ha chiamata, "ferro", ovvero un soprannome più che comune, che avesse una certa familiarità con quel tipo di oggetti e che quindi magari potesse essere un tiratore di quelli che stanno sulle mura di the hive a fare la guarda o addirittura un cacciatore di zombie. L'ultimo invece non aveva proferito parola, ma dall'abbigliamento, probabilmente, ricopriva una posizione simile a quella dell'ultimo. Più interessante però era lo sguardo nei suoi occhi, Tyrakses aveva già visto quel tipo di sguardo in uomini abbastanza irruenti e properzi alla violenza... ma forse si sbagliava, era bravo ad intuire queste cose, ma non era di certo un cazzo di psicologo.
    Ma prima che potesse proferire altra parole Umberto si rivolse a lui, con tono particolarmente pacato e rassicurante riferendogli che stavano parlando di una nuova missione molto importante e che lui era appena stato arruolato. Inoltre parlò di una strana creatura con delle piante rampicanti addosso si cui doveva indagare. In quel momento gli si accese una lampadina in testa, Tyrak capisci? gl chiese Umberto vicino l'orecchio, Tyrakses fece un sogghigno, si... capisco molto bene ora. Aveva già visto una creatura del genere e proprio nella stanza di addestramento! Capì in quel momento che quell'incontro non era stato casuale, ma che probabilmente era già stato scelto per quella missione e che "l'addestramento" era una preparazione a questa missione.
    Successivamente entro una bionda da paura che sembrava conoscere già tutti, sembrava quasi essere uscita da un videogioco di survival zombie e aveva anche un qualcosa di lara croft secondo Tyrakses. Inoltre fu stupito per la presenza di una così bella ragazza in quel luogo, lui era convinto di una cosa, in quel mondo due cose non erano sopravvissute, le belle donne e le buone maniere, ma dovette ovviamente ricredersi per entrambe.
    La ragazze si scusò per il ritardo, decise di sorvolare sulle presentazioni e di chiedere subito qualcuno ha domande?
    Così, l'assassino bianco non avendo alcun tipo di informazione si sentì in dovere di risponderle, beh si io ne avrei una, non è che potresti spiegarmi più o meno tutto?
     
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  11. Argental
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    Tyrak capisci? gli chiese Umberto vicino l'orecchio, Tyrakses fece un sogghigno, si... capisco molto bene ora. Aveva già visto una creatura del genere e proprio nella stanza di addestramento! Capì in quel momento che quell'incontro non era stato casuale, ma che probabilmente era già stato scelto per quella missione e che "l'addestramento" era una preparazione a questa missione.


    :*___*:
     
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    Se c'era una cosa che non si aspettava era la reazione del gigante alle sue parole, qualcosa che doveva aver toccato qualche corda sepolta in profondità sotto quello sguardo burbero. Non che si potesse lamentare, certo, conoscere i punti deboli delle altre persone poteva sempre essere utile e lui ne faceva ampia scorta, ma non si aspettava certo di intravederne uno così semplicemente. Appena in tempo per rimettere in sesto i suoi pensieri che una figura si fece strada attraverso la Fatiscenza per raggiungere il bancone dove si trovavano, senza fare il benché minimo rumore, per non parlare del sangue sul mantello. Campanelli d'allarme suonarono nella mente di Andrew come campane la domenica, non aveva mai avuto degli ottimi rapporti con gli assassini ed aveva imparato ad evitarli. Quando questo si sedette sullo sgabello poggiò sul bancone una 9mm con una tranquillità e disinvoltura quasi disarmante, sembrava quasi che avesse appoggiato una mancia piuttosto grossa e non una minaccia piuttosto che una vera e propria minaccia, per poi chiedere al gigante se si potesse accomodare con loro. Umberto, questo sembrava essere il suo nome, gli diede il consenso non prima di aver ribadito il concetto dell'altro amico di rimettere a posto quell'arma. Appena la vide scomparire dal bancone tirò un sospiro di sollievo ed allentò la presa dal bicchiere prima di scolarselo in un sol colpo. Dopo un po' arrivò anche la bionda che aveva visto all'obitorio, e dopo essersi scusata del ritardo si mise subito a spiegare in cosa consistesse la missione, una spedizione per raccogliere dei campioni, nulla di nuovo o impossibile insomma. Quando chiese se ci fossero domande di alcun tipo Andrew rispose nel suo modo classico.
    "Quando partiamo e dove saremmo diretti per la precisione, oltre ad avere un quadro anche parziale di ciò che ci potremmo trovare li ad aspettarci."
    Non era uno scienziato, e per quanto gliene potesse interessare sapeva bene che riuscire ad imparare qualcosa di quei tempi era praticamente impossibile, le uniche cose che lo toccavano direttamente erano quanto tempo aveva ed il tipo di ambiente a cui doveva prepararsi. Poiché per quanto amasse tirare fuori le reazioni più esagerate dalle altre persone quando si trattava di dover garantire la propria sicurezza e l'incolumità della squadra non aveva timori di alcun genere.
     
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  13. Argental
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    Gli occorse una pausa di qualche secondo per fare mente locale e raccogliere i pensieri. Una pausa che sembrò lunghissima, perplesso, sopraffatto dai dubbi.
    Che sia giusto? e se noi...?!se non...
    Ascoltò ed osservò, assorto come era, limitandosi a fare da spettatore.

    non è che potresti spiegarmi più o meno tutto? chiese Tyr.
    Umberto fece cenno col capo, per assenso e volse lo sguardo verso Hayley aspettando sue.
    Quando partiamo e dove saremmo diretti per la precisione, oltre ad avere un quadro anche parziale di ciò che ci potremmo trovare li ad aspettarci... insistette il gruppo.
    Chiaramente, nessuno di loro aveva idea di cosa fare, dove andare e perché.
    Non aggiunse altro, si limitò a fissare intento e accigliato la biologa, come a pretendere una qualche spiegazione, magari esaustiva e accurata...magari buona...
     
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12 replies since 19/9/2016, 17:58   252 views
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