Sail away - L'addestramento

x Ross

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    Un tempo, avevamo tanto per cui combattere, avevamo un sogno, avevamo un progetto

    Irvine Kenneas, il protettore dell'Alveare, manteneva sempre le promesse.
    Non sapeva dire se fosse stato realmente la voglia di addestrare la nuova recluta, che l'aveva appena aiutato in una missione nella landa dei cigni, oppure il pensiero di rivederla.
    Che cosa ti prende, protettore? Si chiese buttandosi l'acqua sul viso. Il suo corpo per ristorarsi completamente aveva bisogno di 6 ore di sonno, oltre le quali il suo cervello non era in grado di resistere. Per questo motivo era costretto ad alzarsi, era come un robot fatto di carne e di ossa, perché il suo cervello non era umano.
    Nonostante ciò non sono riusciti ad estirpare l'istinto da questo corpo. Si disse ripensando a quanto era successo con Calandra, ora aveva la sensazione che i due fossero più vicini eppure era da tanto tempo che non si vedevano. Irvine aveva sfogato tutto l'amore che albergava dentro di lui, alla fine la donna dai capelli rossi aveva mandato in frantumi uno dei suoi sigilli, questo era evidente, quel sentimento usciva fuori quando i due si incontravano.
    Il comandante dei protettori si infilò la tuta che aderì al corpo muscoloso. La stanza in cui si trovava sembrava proprio una cella di isolamento: le pareti erano fatte d'acciaio ed il letto era una semplice brandina. Tutta la caserma era così, ormai da quando l'Hive esisteva quel luogo era diventato il quartier generale dei protettori, ed Irvine dopo il suo arrivo aveva preso alloggio in quella cabina.
    Uscì senza prendere le sue due asce e richiuse la porta dietro di sé usando un codice magnetico. Quelle armi non erano utili per un addestramento perché erano troppo più forti di quelle normali, avrebbe rischiato di uccidere Reira, ed era tutto fuorché quello che avrebbe voluto.
    Irvine uscì dall'ingresso della Caserma, l'alba sorgeva proprio in quell'istante, avrebbe aspettato la giapponese li fuori.
     
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  2. ~Ross
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    L'alba d'inverno era uno spettacolo molto suggestivo, specialmente per il brillare della neve come una gemma preziosa al sorgere dei primi raggi del sole. Peccato che Reira fosse fin troppo impegnata a dormire per godersi la vista.
    CITAZIONE
    Reira.

    Una fastidiosa voce in lontananza la chiamava, cercando di strapparla dal caldo del piumone del suo futon.
    Mh... Altri cinque minuti.
    CITAZIONE
    Neechan, è l'alba. Non dovevi allenarti col tuo capo?

    Allenarmi? Capo?Non ricordo di dover fare niente del genere.
    La sera prima Reira era andata a dormire stremata, crollando nel momento stesso in cui la sua testa aveva toccato il cuscino e sembrava che quella mattina neanche le cannonate potessero svegliarla. Suo fratello Kenta, che probabilmente aveva fatto la levataccia per il suo turno di lavoro in Ospedale, stava cominciando seriamente a perdere la pazienza, pensando di ricorrere a qualche vecchio trucco. Fortunatamente la cosa non fu necessaria, perché Madre Natura sembrava aver provveduto per lui.
    CITAZIONE
    Reira-chan, c'è la neve, alzati.

    Mh? Neve?
    Reira scattò improvvisamente in piedi, liberandosi con un calcio ben assestato dalle calde coperte. I passi pesanti dei suoi piedi nudi sul tatami riecheggiarono per tutta la casa assieme alla risata sommessa di suo fratello. Il piccolo giardino sul retro dell'edificio era ricoperto da un soffice manto di neve bianca, mentre le gocce d'acqua che pendevano dal piccolo albero di ciliegio pendevano gelate in suggestivi cristalli di ghiaccio. Reira amava la neve, la sola vista di quella la rendeva incredibilmente felice senza un motivo.
    Kenta-niisan, perché non mi hai svegliata prima?
    Borbottò osservando come rapidamente il sole si stava levando in cielo.
    CITAZIONE
    Veramente ho passato i precedenti dieci minuti a tentare invano di svegliarti.

    Reira tirò fuori la lingua con fare impertinente prima di correre a vestirsi in fretta e furia.
    Per la prima volta da quando erano arrivati all'Alveare lei e Kenta passeggiavano insieme per le strade del posto dirigendosi verso il luogo in cui la ragazza avrebbe incontrato il suo superiore. Per il divertimento di suo fratello la rossa si divertiva ad acchiappare, con aria quasi infantile, i leggeri fiocchi di neve che scendevano dal cielo lattiginoso, osservando le buffe impronte che i suoi scarponi lasciavano sul manto bianco. Per un attimo era stato come tornare agli inverni felici della sua infanzia a Tokyo, passata assieme alla sua famiglia e ai suoi amici. In lontananza scorse la chioma di Irvine, che le aveva già rivolto un cenno di saluto.
    Passa una buona giornata, Niisan.
    Disse in allegria, scoccando un rapido bacio sulla guancia del fratello.
    CITAZIONE
    Anche tu, Neechan. E vedi di non combinare guai.

    Detestava quando suo fratello le faceva quelle inutili raccomandazioni, sembrava che per lui Reira non crescesse mai e che rimanesse in eterno una bambina su cui lui avrebbe dovuto vegliare.
    Non ho più cinque anni, Kenta. Non ho bisogno di queste raccomandazioni.
    Si diresse a passo spedito verso Irvine, salutandolo con un gran sorriso.
    Buongiorno, Irvine-sensei.

     
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    Tornerete vincitori o non tornerete affatto

    Irvine respirò profondamente incrociando le braccia. Reira era giunta dinnanzi alla caserma insieme ad un altro ragazzo, un tipo che sembrava un po' troppo strampalato per essere il fratello di una protettrice. Aveva le stesse fattezze della giapponese dai capelli rossi, i due nipponici si salutarono e lei fece segno al suo superiore salutandolo prima di avvicinarsi.
    Uno sguardo severo indagò Reira, eppure sembrava abbastanza coinvolto. La vedeva bella ma non solo, le sue curve erano sinuose e le sue movenze quasi feline e ribelli.
    Benarrivata, finalmente in orario.
    Il difetto di aver creato un soldato perfetto era evidente: sapeva sempre quand'era il momento di essere severo e non avrebbe ceduto ai sentimentalismi. Reira lo aveva colpito fin da subito, la sua forza e la sua decisione in battaglia, la sua obbedienza e la sua spregiudicatezza ricordavano molto un'altra donna della sua vita.
    Seguimi.
    Disse infine sciogliendo le braccia incrociate e conducendola all'interno della caserma. Giunsero in un cortile poco dopo aver attraversato un dedalo di corridoi d'acciaio, che Irvine conosceva a memoria, in completo silenzio. Il cortile era composto in terra battuta, era uno spazio aperto al centro della caserma che i soldati utilizzavano per esercitarsi. Alcuni erano già impegnati ad esercitarsi tra di loro.
    Il comandante si fermò e tornò a guardare la bella giapponese dai capelli di fuoco, i suoi occhi azzurri gelavano l'anima e sembravano trasmettere un'indifferenza senza eguali. Quello sguardo da solo avrebbe potuto uccidere un uomo o un combattente inesperto.
    Sugli attenti soldato Akai. Da oggi ogni volta che apparirai al mio cospetto finché non te lo ordinerò io questa sarà la tua posa. Disse con voce ferma aspettando che quella si posizionasse, era la classica posa dell'attenzione quando un superiore parlava ad un sottoposto pretendeva quella posa. Tra gli umani era costume, ma Irvine non ne capiva la necessità, le truppe regolari argoniane avevano costumi diversi.
    Ti ho vista combattere. Esordì avvicinandosi ancora un po' a lei tanto da sentirne l'odore dei capelli ben messi in ordine. Nella scorsa missione ho visto il tuo corpo reagire ad un'energia superiore, hai talento sicuramente ma questo non ti rende letale quanto vorresti. Hai bisogno di affinare ancora di più le tue tecniche e cominceremo subito con la spada. Riposo.
    Ordinò infine e fece un passo indietro. Irvine si allontanò da Reira ed arrivò alla parete più vicina dove vi era un sostegno con alcune spade, erano lame scadenti. Arrugginite e smorte, smussate tra l'altro, ne tirò fuori due e tornò da Reira porgendogliene una.
    Queste sono spade a due mani, una di queste dovrebbe pesare esattamente un quarto del tuo peso soldato. Afferrala e cominciamo!
     
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  4. ~Ross
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    Parlato Pensato Narrato



    Fare eccessivo affidamento sulla pazienza era sbagliato, e Reira lo sapeva, ma continuava a farlo lo stesso, cosciente del fatto che le persone, prima o poi avrebbero perso la pazienza con lei. Irvine, dopo averle fatto intuire di essere in ritardo, l'aveva portata con sé all'interno di quella che doveva essere la caserma dei protettori, guidandola fino ad un cortile dove diversi uomini erano impegnati ad allenarsi. Il suo superiore, fattosi improvvisamente serio, le aveva ordinato di mettersi sull'attenti, cogliendola di sorpresa. Mise la schiena in posizione eretta, unì le gambe e tirò fuori il petto, osservando il Capitano senza battere ciglio.
    Attendo ordini, capitano.
    Vide il giovane avvicinarsi con studiata lentezza, come se la stesse studiando attraverso gli imperturbabili occhi azzurri. A quanto pare la priorità del suo superiore era quello di affinare la sua tecnica di combattimento, a partire dalla disciplina in cui si trovava meglio: il combattimento con la spada. Dopo essersi allontanato per qualche istante, il giovane era tornato con due spade arrugginite e dalla lama parecchio smussata.
    Papà avrebbe dato di matto nel vedere delle spade dal filo così malconcio.
    Reira ne afferrò una, sentendo il braccio venire tirato giù dalla forza di gravità.
    Ma che diavolo...?
    CITAZIONE
    Una di queste dovrebbe pesare esattamente un quarto del tuo peso, soldato.

    Mh, cinquanta diviso quattro fa più o meno dodici chili e mezzo di spada... La faccenda si fa interessante.
    Afferrò l'elsa con entrambe le mani, e, vacillando un po', pose la spada col filo rivolto verso il capitano, parando per un soffio un inaspettato affondo di quest'ultimo. Il contraccolpo si riversò sulle sue braccia tese, costringendola ad infilzare la punta della spada nel terreno per usarla come sostegno. Sbuffò, liberandosi di una delle ribelli ciocche rosse che le erano cadute davanti agli occhi, e , con un altro sforzo si rimise in posizione di guardia, leggermente ansimante.

     
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    In verità è pur vero che puoi vincere una guerra soltanto con le parole, eppure senza il rombo dei cannoni non è la stessa cosa

    Irvine non si era fatto scrupoli e non aveva nemmeno aspettato che Reira prendesse posizione. Appena possibile aveva lanciato un fendente dal basso che la ragazza aveva parato con estrema difficoltà. Ovviamente il capitano aveva accuratamente evitato di cercare di colpirla direttamente e non aveva impresso tutta la sua forza nel colpo. Il peso della spada di per sé era già abbastanza per Reira.
    La ragazza ansimò e fece qualche passo indietro. Dopo ave usato la spada come sostegno si rimise in posizione di guardia, teneva a fatica quella pesante arma eppure l'orgoglio le impediva di cedere. Irvine stacco una mano dall'elsa e sollevò la spada arrugginita con una sola mano puntandola verso la sua allieva.
    -Hai tenuto una guardia pessima.- La richiamò quello. -Ti ho visto maneggiare anche armi ad una mano e mezza. Non stai usando la stessa tecnica, devi inclinare l'arma come faresti normalmente. E' forse il peso ad impedirtelo? -
    La risposta era ovvia, ma la sua era più una provocazione che una reale domanda. Voleva spronare la bella dai capelli rossi a dare il massimo, a sopportare la fatica e ad agitare meglio la spada nonostante il peso.
    D'un tratto il protettore si disse che se avesse voluto avrebbe rotto quella guardia imperfetta quasi immediatamente, ed avrebbe potuto ucciderla. L'avrebbe davvero uccisa? Era un soldato, non uno comune. Reira apparteneva alla razza umana, non era una sua coetanea; nonostante fossero fisicamente appartenenti alla medesima specie il suo cervello non funzionava come quello di un umano. Eppure Irvine non era sicuro che sarebbe riuscito ad ucciderla, non perché eventualmente non ne fosse in grado.
    Eliminerei senza esitazione chiunque. Pensò Quando, però, mi trovo di fronte a lei o a Calandra non riesco a pensare a certe cose. Se mi si rivoltassero contro non sarei in grado di eliminarle.
    Era vero e questo forse gli faceva un po' rabbia. Trovava la giapponese troppo bella, troppo superiore rispetto alle altre donne dell'Hive, era un qualcosa di fiero e letale al tempo stesso. Digrignò i denti quasi fosse infuriato, in realtà ce l'aveva soltanto con sé stesso e con i suoi limiti. Stupidi sentimenti. Ora sapeva cosa voleva dire farci l'abitudine, Calandra prima e Zven poi aveva liberato qualcosa che lo rendeva estremamente umano. Fin troppo.
    Tese i muscoli ed inclinò la spada tenendola soltanto con una mano. In pochi sarebbero stati in grado di farlo ma per lui era un giochetto da ragazzi.
    Ora dovrai difenderti e poi attaccare come meglio credi. Ricorda sempre una cosa fondamentale della scherma: non si lotta per colpire il nemico, ma la sua spada Reira. Lo scopo di un duello è colpire la spada del nemico per spezzarla o disarmarlo, in allenamento così come in un duello vero. Difenditi soldato!
    Facendo leva sulle game Irvine vibrò un colpo preciso ma non potentissimo alla spada di Reira. Se l'avesse lasciata in guardia tesa dritta dinnanzi a sé e non inclinata, come avrebbe altrimenti fatto con una katana, questa avrebbe rischiato di rompersi o di sfuggirle dalle mani.
     
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  6. ~Ross
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    Il rimprovero che già attendeva dal suo superiore arrivò senza troppi indugi. Pensare che non stesse dando il meglio di sé in quell'allenamento era legittimo, certo, ma non aveva mai provato a combattere con una lama che da sola pesava quanto un grosso macigno, aveva sempre lottato con la sua leggera ma resistentissima katana dalla lama rossa. Vedere Irvine reggere l'arma con una mano sola non la sorprese più di tanto, dopotutto l'aveva visto sollevare con facilità delle taniche che dovevano essere molto più pesanti, ma le diede la giusta determinazione per fare un altro tentativo. Se fosse riuscita a maneggiare con destrezza una simile lama, la sua spada sarebbe risultata leggera come una piuma e i suoi fendenti molto più precisi e potenti.
    CITAZIONE
    Ricorda sempre una cosa fondamentale della scherma: non si lotta per colpire il nemico, ma la sua spada Reira.

    Quando Kenta e suo padre Soichiro l'avevano addestrata nel kendo le avevano insegnato che il suo scopo era quello di colpire con leggerezza alcuni punti precisi del corpo del nemico e ad usare la katana per difendersi dai colpi avversari. Certamente in questa occasione avrebbe dovuto utilizzare la lama per difendere se stessa, ma probabilmente quello che il capitano Kenneas voleva davvero da lei era vederla parare uno dei suoi fendenti con la stessa identica facilità con cui lo avrebbe fatto maneggiando la sua spada. Senza darle alcun preavviso il giovane vibrò un altro colpo alla sua spada: Reira reagì senza pensare eccessivamente come se tenesse tra le mani la sua fedele katana. Con uno sforzo considerevole riuscì ad inclinare la spada quanto bastava per parare il colpo senza che il riverbero le facesse mollare la presa: la spada era pesante, ma con due mani le risultava più semplice muoverla. Non poteva pensare di maneggiare un'arma tanto pesante con una sola mano, almeno non subito.
    Mi sa tanto che inaugureremo presto il nuovo periodo dei piegamenti in giardino alle sei del mattino.
    Se non avesse migliorato la propria prestanza fisica non sarebbe migliorata quanto il suo allenatore sperava.
    Andava meglio, sensei?

     
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    Il richiamo del maestro sembrò sortire l'effetto desiderato. Reira aveva capito perfettamente cosa volesse Irvine e quale fosse il suo scopo. L'addestramento poteva procedere ad un ritmo più spedito e probabilmente l'allieva dai capelli rossi aveva anche compreso il motivo per il quale il comandante dei protettori avesse insistito per usare quelle armi.
    Reira andava formata, doveva crescere il suo fisico e la sua muscolatura, e non c'era modo migliore che maneggiare quella pesante arma, dopo di che la sua spada sarebbe sembrata leggera come una piuma ed i suoi movimenti sarebbero stati più fluidi. Ogni combattente aveva caratteristiche diverse dall'altro ed Irvine questo lo sapeva bene. Reira non era come lui, aveva una predisposizione naturale per essere agile e scattante, era il suo fisico minuto a consentirle di muoversi più velocemente. D'altronde lei non utilizzava armi a distanza, e questo avrebbe potuto penalizzarla perché la velocità non era nulla se non si aveva la forza a supportarla.
    Molto bene. Vedo che spronata a dovere capisci il punto, la tua spada ora ha una posizione quasi perfetta, il problema è che non sei in grado di mantenerla a lungo perché non hai la forza necessaria per maneggiare questa spada.
    Sentenziò Irvine che non le staccava gli occhi gelidi di dosso. Posizionò la mano sinistra dietro la schiena e tese la spada nella direzione di Reira tenendola con la mano libera. La spada s'inclinò come se il polso di Irvine avesse la forza d'incrociare la guarda di quella pesante spada da solo.
    L'unico modo per migliorare è continuare a provare, a maneggiare quella spada finché non avrai abbastanza forza da sentirla tua. Irvine era sicuro che a furia di provare e riprovare si sarebbe affezionata anche a quell'arma. Adesso tocca a te attaccare.
    La posizione di difesa e la guardia alta sembravano non lasciare spiragli, era difficilissimo attaccare una guardia del genere. D'altronde il protettore non voleva che l'allieva ne superasse le difese ma piuttosto che colpisse con forza la sua spada. L'avrebbe dovuto fare e rifare ancora fino allo sfinimento.
     
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  8. ~Ross
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    Non aveva mai pensato che Irvine fosse tipo da fare sfoggio di abilità, ma, per qualche istante, fu tentata di cambiare idea al riguardo, visto che il suo superiore maneggiava la pesante arma con una mano solo e per giunta con una naturalezza che lei possedeva solo nel maneggiare la sua katana e le sue pistole. Era convinta che in quella forza e in quegli impenetrabili occhi grigio-azzurri che la fissavano severi ci fosse qualcosa che andava oltre l'umana possibilità, ma evitò di fare domande al riguardo. A conti fatti Irvine rimaneva sempre il suo superiore e non si sentiva autorizzata ad impicciarsi nella sua vita privata, sarebbe stato lui a parlarne, se l'avesse desiderato. Messa da parte l'invidia, Reira si concentrò sul da farsi. Toccava a lei attaccare, ma la guardia del Capitano era impenetrabile e, vista la sua attuale forza fisica, anche molto solida. Era certa che, se avesse provato ad attaccare cercando di evadere la sua difesa sarebbe stata bloccata in un paio di attimi dal momento che l'arma non le era familiare e risultava piuttosto scomoda da maneggiare. Se provare e riprovare era il segreto per ottenere qualche risultato, lei l'avrebbe fatto, anche a costo di fare notte. Sollevò la vecchia arma con determinazione, notando che le risultava leggermente meno difficile, dal momento che i suoi muscoli, ben nascosti sotto la pelle delle sue apparentemente fragili braccia, avevano cominciato a scaldarsi. Pose il filo smussato della lama davanti al viso, abbassando le braccia fino alla base dell'addome con un leggero tremito per la fatica. Guardò Irvine negli occhi per un attimo: indecifrabile. Avere lo sguardo fermo era una caratteristica fondamentale per un qualsiasi tipo di guerriero, dal momento che in una lotta anche il fattore psicologico era importante, e, per qualche motivo su cui preferiva non interrogarsi per il momento, lo sguardo di ghiaccio di Irvine le faceva scorrere un brivido lungo la spina dorsale. Sicuramente qualunque donna, lei inclusa, la trovava una caratteristica alquanto affascinante, ma, chissà perché Irvine le andava molto più a genio quando si lasciava andare in uno di quei rari e quasi impercettibili sorrisi, era molto più... umano. Con uno scatto felino si scagliò verso il giovane, brandendo la spada con entrambe le mani e colpendo la sua lama con tutta la forza che possedeva. La guardia di Irvine non vacillò neanche per un istante, cosa che la spinse ad ignorare il bruciore dei muscoli e le piccole gocce di sudore che cominciavano a scendere dalle sue tempie per vibrare un altro colpo ben assestato, ottenendo sempre lo stesso risultato.
    Maledizione, troppo debole.
    Imprecò a denti stretti, sentendosi vagamente frustrata e ferita nell'orgoglio. Aveva ben poche speranze di non risultare una donzella in pericolo se quello era tutto ciò che era capace di fare. Tirò su le maniche della camicia, puntando le iridi verdi in quelle azzurre dell'altro in attesa di un qualche giudizio.
     
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